Creato in Italia il materiale che promette di far rigenerare le cellule e curare le lesioni nervose

Il materiale si chiama Sap, che sta per Self Assembling Peptides: è composto da frammenti di proteine capaci di assemblarsi da sole in modo da formare una struttura organizzata. Vescovi: Cristopher Reeve mi spinse a lavorare sulle lesioni nervose.

Un materiale che si auto-assembla e diventa un’impalcatura su cui far crescere le cellule staminali del cervello è la nuova strada, nata in Italia, per poter riparare in futuro le lesioni nervose. Dopo i risultati positivi sui topi sono in corso test sui maiali e, alla luce dei nuovi dati, fra tre anni potrebbero cominciare quelli sull’uomo. Pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, la ricerca è stata condotta tra Lombardia e Puglia da Fabrizio Gelain in collaborazione con Angelo Vescovi.

La ricerca è stata condotta dal centro per la Nanomedicina e l’Ingegneria dei tessuti (Cnte) dell’Istituto Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) in collaborazione con l’ospedale Niguarda di Milano, l’Università di Milano Bicocca e l’associazione no profit per la ricerca e la cura delle malattie degenerative Revert Onlus. Il materiale si chiama Sap, che sta per Self Assembling Peptides: è composto da frammenti di proteine capaci di assemblarsi da sole in modo da formare una struttura organizzata. “Avere un materiale come questo significa avere una tecnologia versatile e adattabile ad altri tipi di cellule staminali”, ha detto Gelain all’ANSA. “E’ una piattaforma tecnologia a disposizione della medicina rigenerativa”, ha aggiunto. Ottimista anche Angelo Vescovi sulle potenzialità del nuovo materiale. “Quando il tessuto del midollo degenera si formano delle cavità nelle quali è impossibile far passare le fibre nervose”, ha spiegato.

“L’idea è allora di inserire nelle cavità il nuovo materiale in modo che fornisca un’impalcatura sulla quale far sviluppare le cellule nervose staminali”, ha detto ancora Vescovi. Maturando e moltiplicandosi, le nuove cellule potrebbero ricostruire le fibre nervose e riparare la lesione. Il tessuto tridimensionale che si ottiene in questo modo è quindi composto da neuroni umani maturi e dalle cellule di supporto, chiamate glia. Quella telefonata da Superman, 19 anni fa Con una telefonata da Superman, 19 anni fa: è cominciata così la lunghissima caccia alle tecnicheper riparare le lesioni nervose.

A squillare era stato il telefono di Angelo Vescovi, da pochissimo rientrato in Italia dal Canada e autore di ricerche pionieristiche sulla rigenerazione cellulare. La chiamata era di Christopher Reeve. L’attore diventato celebre in tutto il mondo per il ruolo di Superman era paraplegico ormai da cinque anni in seguito a una caduta dal cavallo. “Mi chiamò la prima volta nel 2000, dopo aver letto delle mie ricerche del 1999 sulla trasformazione di cellule del cervello in cellule del sangue”, ha detto Vescovi all’Ansa.

Quella ricerca era stata condotta su cellule di topo e i test sull’uomo erano lontanissimi, ma quell’articolo pubblicato sulla rivista Science era la prima dimostrazione in assoluto che, contrariamente a quanto si era sempre creduto, anche le cellule specializzate possono ‘cambiare strada’ e diventare cellule di tipo diverso. “Adesso – ha osservato Vescovi – sappiamo che la plasticità dei tessuti adulti non ha limiti”.

Era proprio questo il messaggio che Christopher Reeve aveva colto e che lo aveva spinto a esortare Vescovi a proseguire lungo la strada che aveva appena aperto. A quella telefonata ne sono seguite altre e il tema era sempre lo stesso; i risultati arrivavano anno dopo anno, ma si sa che i tempi della ricerca sono lunghi. Christopher Reeve riuscì a seguirli appena per quattro anni. “Fabrizio arrivò proprio 19 anni fa e senza di lui non saremmo andati avanti”, ha proseguito Vescovi riferendosi a Fabrizio Gelain, alla cui esperienza nel campo delle nanotecnologie si deve il primo materiale che si auto-assembla e che potrebbe essere utilizzato per riparare le lesioni nervose, forse fra tre anni anche nei primi test sull’uomo. “Ci sono voluti quasi venti anni, ma alla fine – ha detto Vescovi – i risultati sono arrivati”.

Fonte http://www.rainews.it

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