Pronti a tornare al Ministero della Salute per validare CCSVI nei LEA

Si è concluso il 31 maggio nell’aula magna dell’ospedale di Cona, in provincia di Ferrara, il convegno internazionale sulle malattie neurovascolari dell’ISNVD (International Society Neurovascular Disease).

A margine del convegno, poi, il professor Paolo Zamboni ha rilasciato questa intervista: 

L’Associazione ha partecipato a questo Congresso scientifico con i suoi Consiglieri Gualtiero Nicolini e Salvatore Dugo. Abbiamo, ancora una volta, ribadito l’intenzione dell’Associazione di portarsi nuovamente presso il Ministero della salute per validare nei LEA la CCSVI. Questa nostra volontà l’abbiamo formalizzata al professor Paolo Zamboni con una lettera indirizzata a tutte le Società scientifiche che si interessano di problematiche vascolari affinché ci forniscano documentazione scientifica di supporto prima di portarci al Ministero.

Nel frattempo, e nell’attesa che questi dati ci pervengano, l’Associazione procederà a dar corso al Progetto Verso Borgo Salus che, tra l’altro, prevede la istituzione di un Centro per la diagnostica di CCSVI poiché riteniamo che tale esame sia, a tutt’oggi, il punto cruciale del riconoscimento della CCSVI. Se, infatti, ancora oggi, in tutti gli studi pubblicati, la frequenza della diagnosi posta nei vari laboratori varia tra lo zero e il cinquanta per cento, è segno che la formazione degli operatori è men che buona. Ciò non deve sorprendere. Oltre 40 anni fa accadeva la stessa cosa per la valutazione della stenosi carotidea. Per la CCSVI, inoltre, altri due elementi aumentano la complessità della diagnosi. L’esame del sistema venoso è, in tutti i distretti, più difficile di quella arteriosa, dove l’elevato gradiente pressorio rende tutto più semplice rispetto ad un sistema a bassa pressione ed alta capacitanza. La seconda difficoltà è legata alle ancora modeste conoscenze sulla fisiopatologia del ritorno venoso cerebrale e della sua regolazione.

Cogliamo, infine, l’occasione per sottolineare come nell’arco di questi 10 anni la nostra Associazione ha dato spazio diverse volte al tema della priorità della ricerca, cercando di stimolare un dibattito che coinvolgesse in particolare cittadini e loro rappresentanze. Questi ultimi, quando interrogati, hanno sottolineato la necessità e la voglia di essere coinvolti nel dibattito e ancor più la necessità di far correre su un unico binario le priorità dei pazienti e quelle della ricerca.

Esaminando la nostra realtà è invece facile vedere che i binari corrono ancora saldamente paralleli. Vero è, infatti, che i cittadini e i pazienti sono ben lontani dalla stanza dei bottoni: raramente presenti nelle commissioni o gruppi di lavoro, quasi mai coinvolti nella valutazione della assegnazione dei fondi di ricerca, scarsamente rappresentati ed isolati nei comitati etici, ancora episodicamente coinvolti nella messa a punto dei protocolli di ricerca, purtroppo diverse volte compromessi negli ingranaggi sottili del mercato della salute.

Se vogliamo, alla luce di quanto detto, che informazioni più pertinenti diventino disponibili, è necessaria, come lucidamente affermava il professor Alessandro Liberati in un suo articolo sul Lancet, una nuova governance della strategia di ricerca. Non si può pretendere che i ricercatori, abbandonati a sé stessi Come si può evincere dalla video-intervista del Professor Paolo Zamboni sopra riportata, affrontino l’attuale squilibrio.

I ricercatori sono, spesso, intrappolati all’interno dei loro interessi – professionali e accademici – che li portano a competere per finanziamenti pubblici o dell’industria farmaceutica per fasi precoci di trial invece di diventare “campioni” di studi strategici, testa a testa e di fase III.Non sono i gruppi di pazienti a modificare il modello prevalente di ricerca: data la mancanza di meccanismi espliciti per la prioritizzazione della ricerca essi sono spesso dominati dagli esperti con interessi personali. Né il solo finanziamento pubblico riuscirebbe a risolvere il problema.» necessario sviluppare politiche nella fase di pre-approvazione dello sviluppo di un farmaco e questo processo necessita una stretta collaborazione con le aziende farmaceutiche e continui input degli organismi regolatori.

Ecco, quindi, l’idea di costituire una Fondazione Al fine di dar vita ad una realtà giuridica che si prefigga essenzialmente di cofinanziare la ricerca scientifica di base, libera e creativa.

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