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RITA LEVI MONTALCINI il suo ricordo a 12 anni dalla scomparsa e l’importanza della ricerca

22 aprile del 1909, 115 anni fa, nasceva a Torino, insieme alla sua sorella gemella Paola, Rita Levi-Montalcini.

Rita Levi Montalcini nasce a Torino il 22 aprile 1909. Il padre, Adamo Levi, è un ingegnere, la madre, Adele Montalcini, una pittrice.

Cresce in un’atmosfera familiare, che descriverà come piena di amore e rispetto, assieme ai suoi fratelli maggiori Gino e Anna e a Paola, nota pittrice che eserciterà per tutta la vita una grande influenza, anche artistica, su di lei.

Ottenuto dal padre il permesso di proseguire gli studi, si iscrive alla facoltà di Medicina di Torino, dove nel 1936 si laurea sotto la supervisione del suo maestro Giuseppe Levi.

Con la promulgazione delle leggi razziali è costretta ad allontanarsi dall’Università: allestirà in quegli anni un piccolo laboratorio casalingo dove, con Levi, continuerà le ricerche intraprese sullo sviluppo del sistema nervoso.

Esule per un breve ma fruttuoso periodo in un laboratorio belga, allo scoppio della Seconda guerra mondiale rientra in Italia e continua le sue ricerche in laboratori di fortuna prestando inoltre assistenza presso la Croce rossa.

Finita la guerra, nel luglio del 1945 ritorna come assistente all’Università di Torino.

A Rita Levi Montalcini si deve il concetto di fattore di crescita e neurotrofina, elemento di una visione pionieristica dei fenomeni di plasticità neuronale.

Esempio professionale, scientifico, esistenziale e morale per generazioni di giovani donne, da senatrice a vita ha plasmato aspetti bioetici anche normativi, contribuendo a rafforzarne caratteristiche di laicità su basi scientifiche e antropologico culturali.

Umanista e cultrice della poesia e delle arti visive, saggista, esponente del tardo positivismo torinese, ebbe rapporti con i principali neuroscienziati degli albori.

Donna simbolo per l’Italia, rappresenterà ininterrottamente un modello ed un esempio per tutte le giovani generazioni.

La morte di Rita Levi Montalcini, scomparsa il 30 dicembre dell’anno 2012 a Roma all’età di 103 anni, ha provocato grande commozione nel mondo della cultura e della politica.

   

Nell’anno 2020 è stato effettuato un ritrovamento tanto speciale quanto significativo per la storia del CNR e della ricerca scientifica. In occasione di uno scavo archivistico compiuto da Alessia Glielmi, archivista e Responsabile degli Archivi dell’Ente, per preparare una relazione a un convegno organizzato dall’Università di Urbino che aveva ad oggetto gli strumenti di gestione documentale degli enti pubblici di ricerca, è stato rintracciato un fascicolo ritenuto disperso. Il fascicolo (contraddistinto dalla matricola 12111 posizione 303.36), è intestato al premio Nobel Rita Levi Montalcini che per il CNR è stata direttrice, a partire dal 1966, del Centro di Neurobiologia presso l’Istituto superiore di Sanità, divenendo più tardi, nel 1969, fondatrice e direttrice del Laboratorio di Biologia Molecolare con sede in via Romagnosi, 18/A. La posizione era assegnata, dall’allora Ufficio del personale e degli incarichi di ricerca del CNR, agli studiosi e ricercatori stranieri con i quali veniva attivato un rapporto di collaborazione. Essi erano assunti mediante un particolare tipo di contratto denominato atto di incarico per l’espletamento di collaborazione scientifico-tecnica.

In questa categoria rientrò anche la scienziata torinese, che dall’autunno 1947 su invito del professor Viktor Hamburger, si era trasferita presso l’Università di Washington a Saint Louis acquisendo la cittadinanza statunitense.

Dall’analisi delle carte, in ottimo stato di conservazione, è possibile ricostruire tutti gli incarichi affidati alla scienziata tra il 1966 al 1981, durante i quali effettuò numerose ricerche in stretto collegamento con il Dipartimento di Biologia dell’università statunitense presso il quale si recò assiduamente

 1971 (3 febbraio-16 marzo; 27 maggio-16 giugno; 26 ottobre-8 novembre),

1972 (25 gennaio-2 marzo; 7 giugno-23 giugno; 13 ottobre-2 novembre),

1973 (3-30 aprile; 1-10 maggio),

1974 (7-30 aprile).

Durante questi periodi, su segnalazione della stessa Levi Montalcini, era sospesa la corresponsione dell’indennità di direzione del Laboratorio.

L’intensa attività subì a novembre 1974 una battuta di arresto, allorquando venne sollevata una spinosa questione di tipo amministrativo che avrebbe avuto impatto, se non risolta, sull’attività scientifica. La professoressa fu destinataria di una comunicazione con la quale si portava a conoscenza del fatto che avendo superato il limite di 65 anni – oltre il quale sulla base dei regolamenti, non potevano essere più attributi incarico a tempo pieno di collaborazione a cittadini stranieri – non avrebbe potuto svolgere la sua attività di ricerca, né dirigere il Laboratorio.

La questione venne risolta una prima volta internamente al CNR, ossia venne applicata una deroga a tale limite “trattandosi una delle personalità più in vista in campo scientifico internazionale, sarebbe un grave danno per il CNR doversi privare di uno studioso di così alto livello”.

 Questo è quanto emerge dalla lettura della documentazione che attualmente è in corso di inventariazione analitica e digitalizzazione.

Con tale deroga, la direttrice Montalcini poté svolgere la sua attività per tutto il 1975.

Fu lo stesso per il 1976. Il problema si ripresentò nel 1977. Per risolverlo si impegnò direttamente il Presidente del CNR Ernesto Quagliariello che intervenne ponendo un quesito al gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, organo che aveva il CNR alle dirette dipendenze, chiedendo di applicare per analogia al “caso Levi Montalcini” la norma (legge 18 marzo 1958 n. 311) che permetteva ai professori universitari lo svolgimento di attività di ricerca fino al compimento del 75° anno di età. La Presidenza del Consiglio espresse parere negativo alla proposta di Quagliariello, concludendo che il mantenimento in servizio della professoressa non poteva essere consentito.

La capacità di analisi, la caparbietà e la determinazione che tante volte sono state risolutive nell’attività di ricerca della scienziata, furono efficaci e decisive anche in questa occasione. Rita Levi Montalcini decise così di avviare, non l’aveva mai fatto fino a quel momento, la procedura per il riconoscimento della qualifica di perseguitato politico e razziale. Decise di avvalersi – per amore di scienza – solo nel 1978 dei benefici di una legge che risaliva a più di trent’anni prima. La legge n. 96 del 10.03.1955 (art. 4, comma 3 e 4 e modifiche successive) consentiva, di fatto, ai perseguitati di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età.

Nell’istanza presentata si legge la dolorosa infamia inflitta a tanti italiani di religione ebraica, sancita nel decreto-legge per la Difesa della Razza del 17.11.1938 – Provvedimenti per la difesa della razza italiana – secondo il quale la giovane Montalcini venne dispensata dal ruolo di assistente volontaria presso la Clinica Malattie Nervose e Mentali dell’Università di Torino.

Il provvedimento di riconoscimento dello stato di perseguitata razziale fu rilasciato dalla Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali di riconoscimento il 18 aprile 1978. La Giunta Amministrativa del CNR poté, stavolta senza impedimenti, deliberare favorevolmente circa il proseguimento del rapporto di lavoro fino al compimento del 70° anno, ossia al 22 aprile 1979.

Per tale ragione il 15 giugno 1978 Rita Levi Montalcini fu assunta di nuovo al CNR, che le permise di portare avanti la sua ricerca con lo stesso entusiasmo di sempre. La cessazione del servizio avvenne il 21 aprile dell’anno successivo. Il rapporto tra l’Ente e la scienziata non cessò. Il 20 settembre dello stesso anno le venne affidato un incarico di ricerca a titolo gratuito allo scopo di curare i programmi di “Neurobiologia”. Continuò anche a ricoprire gratuitamente la carica di direttore del Laboratorio partecipando a congressi internazionali e presentando risultati scientifici a nome del laboratorio fino al 1980.

Con gli allievi Pietro Calissano, Luigi Aloe, Antonino Cattaneo, come è noto, concentrò le sue indagini sullo spettro di azione del NGF, aprendo la strada all’uso clinico della proteina. Nel 1986, all’età di 77 anni, arrivò l’annuncio del Nobel.

 

Coraggio, visione e libertà di pensiero

questa è probabilmente la più grande e vera eredità di Rita Levi Montalcini.

Questo quanto ho potuto appurare quando, nell’anno 1989 la incontrai a margine del conferimento della laurea honoris causa a Luigi Aloe e, successivamente nel 1992 quando la intervistai come redattore del notiziario dell’ateneo di Bologna. Così volle sintetizzarmi brevemente gli anni difficili della sua ricerca sperimentale:

Nel luglio 1979, lasciai, per raggiunti limiti di età la direzione del LBC. Da allora a oggi mi è stato concesso di continuare a lavorare nell’Istituto che avevo visto nascere sotto migliori auspici, dieci anni prima. In questo clima di tenace e silenziosa prosecuzione delle ricerche iniziate trent’anni prima, il NGF doveva ancora una volta stupirci con le sue sconvolgenti mosse a sorpresa.

Molte volte mi chiesi in quegli anni se non fosse giunto il momento di desistere. Se la nostra attività si mantenne a un livello molto superiore a quello consentito dalle condizioni nelle quali lavoravamo, il merito è della dedizione e della capacità di sormontare gli ostacoli che dimostrò il nostro esiguo gruppo. Ne fece parte per il triennio 1963-69 un giovane valente chimico di Napoli, Vincenzo Bocchini. Affrontando con una calma imperturbabile le difficolta continue, crescendo dovute alla scarsità di fondi, perfezionò le tecniche per la purificazione del NGF dalle ghiandole salivari di topo e la sua identificazione in una molecola priva di contaminanti.

II metodo perfezionato da lui e da Pietro Angeletti avrebbe, due anni più tardi, permesso a Ruth Hogue Angeletti e a Ralph Bradshaw della Washington University, di decifrare la sequenza di amminoacidi di questa molecola proteica. La struttura primaria del NGF resa nota nel 1971, permise a due équipe di ricercatori negli Stati Uniti di identificare il DNA che codifica per la molecola del NGF.

Malgrado questi importanti contributi, difficilmente il progetto NGF avrebbe potuto sopravvivere e consolidarsi in Italia se due giovani amici, da più di vent’anni miei collaboratori, prima a St. Louis e in seguito a Roma, Pietro Calissano e Luigi Aloe, non si fossero dedicati a tempo pieno allo studio del NGF affrontando con me i momenti più difficili di questa lunga avventura”.

La storia di Luigi Aloe è come la storia di un figliol prodigo che con straordinari sacrifici, intenso studio, dedizione e applicazione, divenne allievo prediletto del premio Nobel Rita Levi  Montalcini. Partecipò a rilevanti studi di biologia che lo portarono ad essere insignito della laurea honoris causa il 22 novembre 1989. Alla cerimonia di consegna, che avvenne a Bologna, erano presenti tutti i familiari del geniale figlio di pescatore amanteano, ed era presente anche La professoressa Rita Levi Montalcini Che tanto si prodigò presso il Magnifico Rettore Fabio Roversi Monaco per il conferimento di un titolo accademico che consentisse allo stesso Luigi Aloe di prendere il suo posto nella direzione dell’Istituto già diretto dalla stessa professoressa.

 

Questa vicenda umana e scientifica dovrebbe farci ben comprendere che impegno, merito e consapevolezza, dovrebbero rappresentare uno stimolo estremamente motivante per un giovane che vuole fare ricerca in Italia.

Nel nostro paese il riconoscimento sociale del lavoro del ricercatore è piuttosto scarso, ed è proprio quello che la professoressa Rita Levi Montalcini, premio Nobel nell’anno 1986, ha sempre cercato di affermare, argomentando che non solo la consapevolezza che quello che i giovani ricercatori fanno è importante ma che ad essi debba esserne riconosciuto il merito, poiché anche un piccolo risultato può contribuire al progresso della conoscenza scientifica e, qualche volta, a migliorare la vita delle persone.

Nel 1992 ho avuto l’opportunità, nella mia veste di Addetto stampa dell’Ateneo felsineo, di intervistare la professoressa Rita Levi Montalcini e, nell’anno successivo, il Premio Nobel Renato Dulbecco che così esprimeva il proprio pensiero in relazione ai problemi che si trovano ad affrontare i giovani ricercatori italiani:

“La difficoltà che oggi incontrano i giovani è che non esiste una organizzazione della ricerca adeguata per il loro ritorno in Italia. Quando vanno all’estero diventano bravissimi e si perfezionano, ma quando rientrano dove vanno? Bisogna, quindi, cercare di creare ciò che manca. Una delle possibilità che, a mio parere, può rappresentare una possibile risposta è quella di convincere l’Industria a sviluppare la ricerca di base di cui essa stessa ha tanto bisogno. In questo campo vi è un ritardo culturale da parte dell’Industria italiana. Se questa, investendo risorse economiche ed umane, sviluppasse ricerca d’alto profilo, non solo consentirebbe il rientro di molti giovani ricercatori ma darebbe anche un enorme contributo allo sviluppo scientifico e tecnologico italiano. Avere riconosciuta semplicemente una borsa di studio rappresenta qualcosa ma non è abbastanza per convincere un giovane a rimanere piuttosto che emigrare verso Paesi che offrono migliori prospettive”.

   

Ascoltando l’intervista alla professoressa Rita Levi Montalcini, visionando il filmato sotto riportato e leggendo l’intervista rilasciatami dal professor Renato Dulbecco testo che potete scaricare attraverso il link sottostante:

Terapie geniali Francesco Tabacco intervista Renato Dulbecco

potrete evincere quanto era importante affermare questi concetti già in quel tempo. Se a distanza di oltre trent’anni da quelle affermazioni non si è ancora sciolto il nodo relativo all’affermazione del merito, significa che due delle voci più autorevoli del nostro paese in ambito scientifico, non sono riuscite a debellare il malcostume che ancora oggi si pratica ricorrendo alle logiche che spesso e purtroppo regolano la progressione di carriera in ambito accademico.

 

Il video che potete visionare inizia proprio ricordando la figura di Luigi Aloe da parte della professoressa Rita Levi-Montalcini nel momento in cui Francesco Tabacco consegna alla stessa l’Annuario accademico in cui è riportata cronaca documentale e fotografica relativa alla cerimonia accademica relativa al conferimento della laurea honoris causa.

 

Le foto che corredano questo testo furono in quel tempo scattate da Fabio Ceccarelli, Responsabile del Servizio fotografico dell’Ateneo e da Paolo Ferrari,  fotoreporter del quotidiano “Il Resto del Carlino”.